LA STORIA E LE LEGGENDE SULLA NASCITA DELLA CHIESA DELLA GROTTA AD ACIREALE

La nascita della chiesa di Sancta Maria ad Praesepe o Sancta Maria ad Nives che sorge ad Acireale, in provincia di Catania, presso la via Provinciale per Riposto, è profondamente legata alla presenza di un altro piccolo edificio di culto che si trova sulla stessa strada, la chiesa di Santa Maria dei Raccomandati, dove fin dal XVII secolo, durante le solennità mariane e particolarmente il 2 luglio, giorno della festa della Visitazione, vi accorreva il clero e tutto il popolo acese per rendere omaggio alla Vergine Maria [1]. 
Era un sabato del 1741, quando alcuni sacerdoti, dopo aver celebrato gli uffici divini proprio in questa piccola chiesetta, lungo la strada del ritorno si imbatterono in un violento temporale. Colti di sorpresa dalla pioggia incessante e dal fortissimo vento, non essendovi nelle vicinanze delle abitazioni dove potersi riparare, si rifugiarono in una grotta di scorrimento lavico che veniva considerata come nascondiglio di pastori, di briganti e di rettili velenosi.
Tuttavia, mentre i sacerdoti aspettavano che il temporale cessasse, uno di loro, don Mariano Valerio, contemplandone la volta e la profondità, nonostante l’umidità e l’aria malsana del luogo disse: «Oh... come sarebbe atto questo luogo, togliendovi di mezzo alcuni massi, per farne una grotta a somiglianza di quella di Betlem...! Stupenda idea, rispose allora un altro, inginocchiatisi, pregarono il Bambino Gesù perché dal Cielo benedicesse quel santo loro desiderio» [2].
Nei giorni successivi all’evento, la strada che passava vicino alla grotta fu interessata da un grandissimo flusso di gente che si era messa all’opera per rendere possibile il sogno di don Mariano Valerio, che desiderava fortemente la realizzazione di un presepe dentro quell’antro.
Don Zaccaria Musmeci, nel suo resoconto sulla storia e il culto della chiesa della Grotta, riporta la notizia che lo stesso don Valerio si mise a lavoro insieme agli operai per portare avanti l’ardua impresa che richiedeva di certo un notevole sforzo, in quanto sulla superficie della grotta si trovavano alcuni grossi massi che ne impedivano il livellamento.
Ed è qui che, in qualche modo, la grande storia si intreccia con le piccole storie degli uomini e quasi certamente con la leggenda. In effetti, sebbene i lavori procedessero velocemente, dovettero essere arrestati improvvisamente a causa di un grosso masso che ne impediva l’avanzamento.
In quegli stessi giorni, una violenta tempesta aveva costretto una grossa imbarcazione ad approdare nel porto di Stazzo, un piccolo borgo marinaro del territorio acese e pare che tutti i marinai dell’equipaggio si siano salvati grazie all’ausilio della Vergine Santissima, invocata con l’appellativo di Stella del mare.
Dopo lo scampato pericolo, alcuni di loro si recarono in città per rifornire la nave di tutto il necessario che era stato perduto tra le onde. Ad un certo punto, percorrendo il sentiero che li avrebbe portati fino alle strade del centro cittadino, si imbatterono negli operai che stavano lavorando presso la grotta e, venendo a conoscenza delle difficoltà di questi ultimi nel rimuovere la grossa pietra, si unirono a loro e solamente così si riuscì a romperla e a portarla fuori dalla caverna.
Di un altro episodio che ha quasi del leggendario, fu assoluto protagonista lo stesso don Mariano Valerio che un giorno, rendendosi conto che gli attrezzi e le forze degli operai erano impotenti di fronte ad un’altra grossa pietra, vi mise sopra la corona del Rosario e dopo aver invocato l’intercessione della Vergine, incoraggiò tutti a ritornare al loro lavoro. Fu così che improvvisamente, sotto i colpi delle pesanti mazze, il macigno si frantumò in cento pezzi, rendendo finalmente possibile tutto il livellamento del pavimento.
Non molto tempo dopo, padre Mariano Valerio venne a conoscenza dalla testimonianza di alcune persone, di una predizione che padre Arcangelo Caltagirone, un Frate Minore Osservante, aveva fatto sul luogo dove stava per nascere il presepio. Lo stesso frate, infatti, aveva predetto che proprio lì, dove si stavano svolgendo i lavori, sarebbe stata eretta una chiesa.
Sappiamo da un atto redatto dal Notaio Contarini, l’8 dicembre del 1752, che era volontà di padre Mariano Valerio che i sacerdoti si riunissero nella chiesa della Santa Grotta per vivere in comunità, seguendo l’esempio dei Padri Filippini e che la rettoria passasse alla sua morte ai sacerdoti suoi parenti o al suo più stretto collaboratore, padre Giuseppe Mancani e che inoltre, in caso di assenza di entrambi, fosse eletto un rettore dalla Venerabile Congregazione del SS. Crocifisso di San Pietro di Acireale [3].
Intanto padre Arcangelo Caltagirone, ritornato ad Acireale dopo diverso tempo, avendo visto che la predizione che aveva fatto molti anni prima si era avverata, infatti la chiesa era già stata dotata di tutti gli arredi necessari al culto e di una pregevole tela della Natività, realizzata da Vito D’Anna nel 1740, venendo a conoscenza dei ritardi e delle difficoltà relative alla concessione del rituale di benedizione come chiesa pubblica, suggerì che si sospendessero le funzioni che si erano svolte fino ad allora e che si cominciasse una novena in onore di san Gaetano da Thiene che avrebbe ottenuto qualsiasi grazia dalla Vergine Santissima.
L’incarico di ottenere la concessione dall’Ordinario Diocesano, fu affidato a due sacerdoti della città di Acireale. Questi ultimi, recatesi a Catania per regolarizzare tutti gli atti relativi all’apertura al culto pubblico della chiesa della Grotta, incontrarono sul loro cammino due sacerdoti che si resero subito disponibili nel sostenere la causa. Uno di loro si chiamava Gaetano e portava questo nome in onore al santo per la cui intercessione era stato salvato nel momento della nascita, l’altro, invece, gli era devoto per grazia ricevuta.
Dopo quest’incontro, i quattro sacerdoti si recarono nella Curia Vescovile, dove a riceverli c’erano il vescovo Galletti dei Principi di Fiume Salso e il vicario generale, canonico Giambattista Riccioli. I due alti prelati furono contenti di concedere la benedizione della Santa Grotta, di cui fu incaricato don Marcantonio Gambino, vicario foraneo della città di Acireale.
All’alba del 24 dicembre del 1752, dopo circa undici anni dall’inizio dei lavori, la chiesa della Grotta fu aperta al culto ed intitolata a Sancta Maria ad Praesepe o Sancta Maria ad Nives [4].
Quel giorno le campane di tutte le chiese della città suonarono a festa e una moltitudine di gente andò in pellegrinaggio alla Santa Grotta. Fu lo stesso padre Mariano Valerio a presiedere il rito, celebrando la Santa Eucarestia, dopo aver benedetto l’antro della nuova chiesa.
L’evento fu ricordato in una lapide che purtroppo è andata perduta nel corso del tempo, della quale fortunatamente conosciamo il testo dell’iscrizione: «A Dio Ottimo Massimo questa grotta, un tempo invasa da un gran numero di demoni, incusse terrore agli stanchi viandanti; ma nell’anno del Signore 1741, cacciati gli spiriti immondi, mediante l’esorcismo di religiosi, rimessa a migliore aspetto e consacrata alla Natività del Cristo, riportò gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini in terra» [5].
Le notizie a cui attinse padre Zaccaria Musmeci per la stesura del suo volume dedicato alla chiesa della Grotta, erano contenute in alcuni manoscritti trovati nella casa di padre Mariano Valerio, che successivamente furono custoditi nell’archivio della chiesa stessa.
Tuttavia, secondo le cronache, l’edificio di culto diventò luogo di ritiro di diversi eremiti. Tra questi possiamo annoverare Fra Salvatore, di cui non si conosce il cognome, Fra Giuseppe Gravagno e Fra Angelo Bonanno.
Lo stesso don Giuseppe Valerio [6], fratello di don Mariano Valerio nonché sacerdote, andò a rifugiarvisi per sfuggire al peso della cura delle anime, ma fu ritrovato da alcuni suoi confratelli nella chiesa dei Raccomandati.
La chiesa di Sancta Maria ad Praesepe o Sancta Maria ad Nives, divenne chiesa parrocchiale nel 1941, 200 anni dopo la sua dedicazione, grazie all’opera infaticabile del canonico Zaccaria Musmeci e di mons. Salvatore Finocchiaro, anche se le funzioni parrocchiali cominciarono ad essere espletate solamente nel 1949, dopo il riconoscimento da parte delle autorità civili.
                                                 
 
IL PRESEPE SETTECENTESCO
Il sogno di don Mariano Valerio di vedere realizzato il progetto che prevedeva la costruzione di una chiesa dedicata alla Natività all’interno di una grotta, che ricordasse molto da vicino quella più celebre di Betlemme, si concretizzò solo undici anni dopo dall’inizio dei lavori, il 24 dicembre del 1752, con l’apertura del piccolo edificio di culto alla venerazione pubblica dei fedeli [7]. 
Il 10 agosto del 1799, in mancanza di sacerdoti che facessero parte della famiglia dei Valerio, la Congregazione del SS. Crocifisso di San Pietro elesse come rettore della chiesa don Pasquale Abate Pennisi che nel 1820 la ingrandì, facendo realizzare la volta in pietra a pomice nera. Fino ad allora, infatti, la chiesa consisteva di un antro, di un solo altare e di una piccola cameretta che fungeva da sagrestia. Vi era anche un piccolo organo che fu venduto per 20 onze alla chiesa di San Giovanni Evangelista di Acireale, essendo stato sostituito da uno più grande per cui furono spese 120 onze.
Il Pennisi, inoltre, diede inizio alla costruzione dell’attuale facciata in pietra bianca, che fu impreziosita da un pronao con tre colonne e dalla scultura della Sacra Famiglia.
Per quanto riguarda il presepe, invece, esisteva già un primo nucleo costituito da pochi pastori in grandezza naturale, realizzati sotto la rettoria di don Mariano Valerio [8]. Tuttavia, solamente nel 1812 il presepe fu ingrandito grazie all’opera di un valente artigiano acese, Martino Cormaci, che realizzò molti pastori, oltre ai Magi con le loro sontuose vesti [9].
Il lavoro fu proseguito sotto la rettoria del sacerdote don Ignazio Mangani, da Santi Gagliani, artista romano che fabbricò nuove teste e mani di cera, impreziosendo il caratteristico presepe con un numero ancora maggiore di personaggi.
A don Mangani succedette don Pietro Di Mauro Pennisi, sotto la cui reggenza il presepe venne allestito per ben 12 anni consecutivi dall’artista acese Santi Reitano e poi successivamente dal signor Rosario Calì di Santa Venerina.
Nel 1889, a causa di un contenzioso che riguardava la proprietà della Grotta [10], in cui furono coinvolti i canonici Martino e Gaetano Calì Fiorini e il signor Michele Patamia, la chiesa venne chiusa al culto dal primo vescovo di Acireale mons. Gerlando Maria Genuardi, poiché non trovata più consona allo svolgimento delle funzioni sacre.
La questione alla fine si risolse a favore dei canonici Fiorini e nel 1900 la chiesa fu riaperta al culto con grande gioia dei fedeli.
Purtroppo, sotto la gestione del Patamia erano spariti l’organo che fu sostituito con un harmonium donato dagli stessi patroni della chiesa, i canonici Calì Fiorini e molte delle teste dei personaggi realizzate dal Cormaci, dal Gagliani e dallo Zammit, detto u “nuticianu”.
L’incarico di restaurare le poche teste superstiti e di costruire 18 nuovi personaggi, fu affidato al ceroplasta acese Giovanni Strano, la cui opera consentì di arricchire il presepe con circa 50 personaggi.
Fino a non molto tempo fa, il presepe settecentesco veniva allestito ogni anno, assumendo così di volta in volta un aspetto sempre nuovo e diverso. Inoltre, dopo il capodanno, in parte esso veniva smontato per dare spazio ai Magi, proprio in occasione dell’Epifania.
Tuttavia, a causa dei danni causati dal continuo spostamento dei personaggi, la Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Catania decise di effettuare un restauro del prezioso manufatto e di dare una collocazione stabile al presepe, che oggi si presenta in tutta la sua bellezza [11].
 
 
[1] La chiesa di Santa Maria dei Raccomandati, dove all’interno è custodito un pregevole affresco attribuito a Vito D’Anna, divenne un importante luogo di culto per volere dei coniugi Biagio e Speranza Catanzaro, già nel XVII secolo. Tuttavia, dopo la promulgazione delle leggi di liquidazione dell’asse ecclesiastico, approvate nel 1866 e nel 1867, il patrimonio della chiesa divenne molto esiguo, tanto che agli inizi del XX secolo, l’edificio di culto si presentava in stato di abbandono. 
[2] Z. Musmeci, La Chiesa della Grotta. Sua Storia e Culto, Legatoria Salvatore Principato, Acireale 1904, 9. 
[3] Il Valerio dotò la futura chiesa della Grotta di un ricco patrimonio consistente in una vasta tenuta di terre. 
[4] La festa della Madonna della Neve veniva celebrata nella Grotta il 5 di agosto. 
[5] Cf. L. Vigo, Notizie storiche di Aci-Reale, Palermo 1836 (rist. an. Acireale 1977), 161. «D.O.M. Antrum hoc Daemonum frequentia prius obsessum lassis viatoribus terrorem incussit, ast Anno Dni 1741 spiritibus immundis piorum aliquot exorcismo depulsis, in meliorem formam reductum, et Cristi incunabulis consecratum; gloriam in excelsis Deo, pacem in terris hominibus reportavit». 
[6] Don Giuseppe Valerio succedette al fratello nella rettoria della chiesa della Grotta. 
[7] Il rituale dell’apertura al culto pubblico doveva svolgersi all’inizio della novena del Santo Natale, ma una forte alluvione fece sì che la celebrazione si svolgesse alla Vigilia, il 24 dicembre del 1752. Cf. Z. Musmeci, La Chiesa della Grotta..., 17. 
[8] Probabilmente si trattava soltanto della Sacra Famiglia. 
[9] Al Cormaci fu data una retribuzione pari a 2 onze e 15 tarì. 
[10] Facevano parte delle proprietà della chiesa alcuni terreni che si trovavano di fronte ad essa, sul versante orientale. Questi ultimi furono venduti per far fronte alle spese della causa che si protrasse per parecchio tempo e per poter indennizzare il signor Patamia per gli edifici che aveva costruito accanto alla Grotta. 
[11] Il restauro fu effettuato dalle restauratrici Santuzza Calì e Gabriella Saladino che, oltre a recuperare i volti e le mani, curarono anche la disposizione dei singoli personaggi.
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L’ANTICO BORGO DI SAN MARCO D’ALUNZIO